Lasciando che i problemi personali prendessero il sopravvento sulla sua personalità politica, sul principio affermativo del doversi posizionare, un imperativo al quale non riesce più a ubbidire.

La convinzione di non saper più scrivere, di non poterlo fare veramente, piuttosto di star perdendo tempo con una pratica vagamente testuale. Di taglio e da dentro l’acqua per poi non dire quasi nulla.

E poi di cos’è che ha paura?

La convinzione che nulla riparerà nulla. Emivita a ventiquattr’ore dall’assunzione, antistaminici stagionali che mettono il sonno dove il sonno non c’era.

Il valore non importa, leggere non importa, ha imparato che vedere non importa. Lavorare per il pugnale è tutto ciò che rende possibile l’esistenza di una quotidianità banale, assidua. Nel ciclo capitalistico della carta igienica profumata al talco, srotolata sul palmo, avvolta intorno alla mano come una camicia di forza all’improvviso serrata e oppressa, la mano ancora spalancata verso un vuoto mondano.

I meccanismi dei colori strutturali vengono meno e producono nostalgia della sintesi in presenza di notizie di cronaca nera. La mente produce uno stato di collasso interno continuo e controllato. I video avanzano uno dopo l’altro, alternati dalla sigla di un gioco a quiz.

Una quasi nostalgia di cui nessun essere moderno è in grado. Nel feed dei dati un time-lapse in cui la X viene plasmata dall’erosione del ghiaccio nella sua interezza così come oggi si vede un’altra regione inghiottita. Altrove spianò qualsiasi cosa.

Per onestà sarebbe meglio non dover mai più uscire. Come facciano due persone a trovarsi ancora a proprio agio l’una in presenza dell’altra rimane un mistero.

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